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Vista e canto – di Sara Jane Ghiotti

Nella mia esperienza di didatta sto scoprendo ogni giorno quanto la gestione dell’apparato vocale sia meno rilevante rispetto all’utilizzo consapevole della globalità del nostro corpo e della nostra persona, ai fini di una buona ed eufonica emissione vocale. 

In effetti, anche i trattati di anatomia vengono incontro a questa mia visione.


Sara Jane Ghiotti

Nella mia esperienza di didatta sto scoprendo ogni giorno quanto la gestione dell’apparato vocale sia meno rilevante rispetto all’utilizzo consapevole della globalità del nostro corpo e della nostra persona, ai fini di una buona ed eufonica emissione vocale. 

In effetti, anche i trattati di anatomia vengono incontro a questa mia visione. 
Se per tutte le funzioni fisiologiche del corpo esiste un apparato sistemico e specializzato, ciò non ha corrispondenti nella produzione della voce.
Non esiste, infatti, un vero e proprio apparato vocale. 
Le corde vocali stesse, altro non sono che l’intersezione di due apparati, lo svincolo di due binari intersecati: quello respiratorio e quello digerente. 

La voce è senz’altro la più raffinata funzione umana.
Quando pensiamo al verbo “CANTARE”, nel nostro immaginario il suo relativo esecutore non è l’uomo, bensì l’uccello.
Ebbene, gli uccelli hanno come noi le corde vocali, ma non sono utilizzate nella produzione sonora: essi usano la siringe, una specie di scatoletta, di fischietto a doppia camera presente alla base dell’albero bronchiale, lasciando così alle corde vocali il primario compito di meccanismo di protezione dall’ab ingestis.

Nonostante una franca inadeguatezza del sistema, adatto per lo più ad emettere un verso o un breve richiamo, siamo riusciti ad apprendere la modulazione del suono grazie alla spinta, dettata dalla sensibilità che ci rende Umani, ad imitare i suoni così armoniosamente presenti in natura.
Filogeneticamente, il rantolo plosivo che si fa verso dell’uomo primitivo evolve in una emissione modulata non solo in altezza e durata, ma anche nel timbro.
Allo stesso modo, ontogeneticamente i suoni gutturali del bimbo vengono modulati in lallazione, nonchè in pianto comunicativo, tanto che la madre sà riconoscere la sua esigenza dalla tipologia di emissione. Prima delle parole.

Se da un lato quindi potremo tristemente scoprirci inadatti al canto per ragioni fisiologiche, d’altra parte potremo invece scoprire quanto apporto riesca a dare ogni parte del nostro corpo e della nostra mente nell’emissione vocale.
Troppo spesso ci fissiamo su errori di tecnica vocale in giustificazione a blocchi vocali, quando invece dovremmo allargare le considerazioni a tutto il nostro essere.
Ogni parte di noi può agevolare, o disturbare, la nostra emissione vocale.

Ma che ruolo ha la vista?
Partiamo dal concetto che una delle cose piú complesse da fare per un cantante è guardare il suo pubblico negli occhi, di creare quel legame emozionale e personale, fatto di trasparenza e sincerità, che il sostegno dello sguardo non può negare. 
Se diciamo una bugia, è difficile riuscire a guardare l’altra persona negli occhi. 
Molti cantati, cantano  ad occhi chiusi: significa dunque che “mentono”, o meglio “fingono”? 
È certamente difficile generalizzare una risposta valida per ognuno. Tuttavia reputo che chi chiude gli occhi cantando, al contrario, stia cercando di abbandonarsi  a sè stesso, di lasciarsi andare, seppure consapevolmente in presenza di altri.
Non guardo il mio pubblico perchè fingo di essere da solo, al sicuro e quindi sono capace di lasciarmi andare alle mie emozioni e sensazioni più intime e nascoste.

Da qui parte però un’altra riflessione: perchè andiamo a “vedere” i concerti? Non basterebbe ascoltarli? Quando assistiamo ad un live, A mio avviso non si tratta solo della volontà di ascoltare l’esecuzione estemporanea dell’artista. C’è di più.
Ma quale voyerismo inconsapevole si nasconde nel pubblico?
Da diverso tempo ormai, grazie all’avanzamento della tecnologia, i concerti live di grandi dimensioni si guardano su maxi schermi, in cui possiamo cogliere, anche a distanza, lo sguardo, la smorfia, la goccia di sudore che scende. 
Non ci basta ascoltare, vivere l’energia dell’artista. Noi vogliamo vederla.  Noi abbiamo bisogno di vedere l’intensità di quello che sentiamo, per sentire completamente l’emozione che intuiamo. 

Da un punto di vista tecnico, la vista influenza il canto?
Partiamo dal presupposto che il cantante suona uno strumento che non si vede. 
Intuiamo per tanto quanto sia importante lasciar spazio agli occhi della mente, all’immaginazione. Ma non basta: l’immagine della voce che creo nella mia mente va poi portata fuori, nella sua proiezione tridimensionale, in profondità di campo.
La voce ha due dimensioni. Una, quella verticale, corrisponde alla dimensione della creazione del suono, che nasce aria e, accompagnata dal diaframma, diventa udibile, al passaggio fra le membrani cordali e che successivamente matura in Voce, nell’arricchimento risonanziale della cassa armonica.
L’altra, orizzontale, è quella che porta la voce da noi a chi ci ascolta, al nostro pubblico, ed è gestita non da una spinta, bensì da una corsa, un allungamento elastico della prima dimensione. 
Se nella prima svolge un ruolo fondamentale l’immaginazione e la vista interiore, nella seconda predomina la vista esterna e consapevole dello spazio e della profondità del campo. La mia voce deve raggiungere l’ultimo ascoltatore della platea: non posso cantare solo per la prima fila. Diventa, per tanto, fondamentale visualizzare esternamente l’immagine di voce generata dentro al corpo e vista dapprima solo con la mente. La mia voce diventa così tangibile, prende una forma, una direzione, uno spazio ben specifico. 
Nella ricerca della dimensione orizzontale, i cantanti si aiutano spesso con il gesto della mano, mentre lo sguardo è proteso all’orizzonte.  Uno sguardo infinito per una voce infinita.

In conclusione a questo articolo, possiamo asserire il forte legame esistente fra vista e canto, alla luce di una considerazione più globale della voce, in contrapposizione ad una obsoleta centralità di ruolo dell’esistenza di un presunto (o presuntuoso) apparato vocale.



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